Dato il mio coinvolgimento con i film drammatici, dedico uno spazio al genere. La cosa non è dimostrabile, viste le poche recensioni che scrivo, ma aspettate ancora qualche giorno, dopo i quali aprirò una “americaneide”, una serie di film che coinvolgono gli USA, visti con gli occhi di Hollywood.

Intanto posso fare a meno di questi film:

Lo spaccone: è difficile, soprattutto per un Paul Newman d’annata, per una fotografia in bianco e nero che, col fumo dei bar, rappresenta al meglio l’ambiente dei giocatori di biliardo, ma credo che non lo rimpiangerò.

Il fischio al naso: Ugo Tognazzi in uno dei migliori film sull’Italia, ma dopo un pò stufa, se non hai ancora paura della sanità;

Il giorno dello sciacallo: ormai lo so a memoria;

Papillon, perché ormai ho superato anche la fase adolescienziale delle fughe dal carcere e del genere che ne è nato;

Sugarland express, e questo fa capire bene il cambio di prospettiva su Spielberg al quale ChickenBroccoli ha contribuito (tra qualche giorno l’approfondimento);

Quel pomeriggio di un giorno da cani: lo so a memoria, anche questo, e non riesco a salvare nemmeno Al Pacino;

Il maratoneta: non per la paura verso i dentisti, anche se un maratoneta è sempre da invidiare;

Il prestanome: storia vecchia ma buona, eppure…

Brubaker: Robert Redford che fa il solito democratico ha un limite di sopportazione;

Fuga da Alcatraz: Clint è fenomenale, ma qui valgono le stesse parole usate per Papillon;

Oltre il giardino: Peter Sellers al tramonto, ma preferisco ricordarmelo in altro modo;

Gandhi: e non perché sono contro la non-violenza, da abbracciare e praticare senza questo film;

La scelta di Sophie: una delle prove migliori della Streep, forse troppo…

Il grande freddo: aspetto un nuovo film generazionale per la mia età;

L’ultima tentazione di Cristo: perché non lo posso capire del tutto.