Falling skies

Dovevo immaginarlo. La poetica di Spielberg si fa sentire nei momenti più strani: un bambino va sullo skateboard, lo passa ad altri della sua età. Niente di eccezionale direte, ma intorno ci sono circa 900 persone, in fuga. L’ultima immagine mi pare sia quella di una città sovrastata da un’astronave aliena, ma non sono gli extraterrestri di E.T. o di Incontri ravvicinati. Sono cattivi. Sono micidiali. Sono milioni. Hanno distrutto le capitali, gli eserciti, hanno rapito dei ragazzini. E i sopravvissuti cercano cibo e munizioni. Tra loro c’è un padre, con una famiglia piuttosto numerosa. Un professore di Storia, l’ultimo dei geek, se volete inserirlo in quella schiera. Perché i pc, le tv, le radio, i telefoni, tutto è stato annientato. Basta il cibo. Ma pure la cultura potrebbe salvarli. Il personaggio principale è spielberghiano, quindi mi aspetto grandi cose da lui. E da Will Patton, sempre più guerriero, con un cognome che non so quanto sia una garanzia. Farà una brutta fine?

Un compleanno, un bignè, un cerino al posto della candelina. Gli otto anni di Matt si celebrano così. Come regalo uno skateboard.

Torna così lo Spielberg che mi piace, che non crede più agli alieni buoni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Moderazione dei commenti attiva. Il tuo commento non apparirà immediatamente.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.