La passione

Silvio Orlando fa il regista, più o meno come ne Il caimano. Primo dejavù. La Sandrelli e Misseri che si ripetono da La prima cosa bella, ma con molto meno romanticismo. Secondo dejavù. C’è un paesello toscano, c’è la passione di Cristo da rappresentare, c’è Giuseppe Battiston, onnipresente ma qui con un ruolo importante. Entrambi avranno la loro passione da vivere, uno con la prospettiva di una denuncia per danni ad un affresco, l’altro con la giustizia. Speravo che Mazzacurati si fosse avviato verso la commedia, ma nel finale, dopo molte sfighe, c’è tanto di quel dolore che metà basterebbe.  Tutto va in malora, anche i rapporti con il finanziatore e l’attrice che ha scoperto, per non parlare di un attore cane interpretato da Corrado Guzzanti. Gli va tutto malissimo, e il finale non consola. Se ci si diverte per l’unico posticino in cui i cellulari hanno rete, se nascono troppi interrogativi, ad esempio sul paesano che usa il telefono fisso, ma anche sul compare del personaggio di Battiston, non c’è scampo alla tragica riflessione, quasi esagerata. Diciamo che forse i toni sono troppo grevi, e si parte da presupposti diversissimi, con un’ambientazione che altri registi avrebbero sfruttato a dovere.

 

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