10/3: Lettere da Iwo Jima, alle 21.00 su Iris

http://gegio.wordpress.com/2010/02/05/flags-of-our-fathers-letters-from-iwo-jima/

(…) Lettere da Iwo Jima invece ritrae l’altra parte. I giapponesi non erano solo più devoti alla patria, che amavano fino a procurarsi la morte invece di farsi prigionieri; avevano anche dei dubbi, nati magari dall’aver conosciuto il mondo occidentale. Noi tutti ricordiamo i kamikaze, ma c’erano anche altre persone, forse più ragionevoli, che evitavano la dottrina imperiale del suicidio per la normale voglia di vivere, di continuare, di vedere come va a finire, se non bastava la famiglia lasciata a casa. I giapponesi, come gli americani, non avevano dei vigliacchi tra di loro, era solo l’assurdità della guerra a trascinarli nel buio o tra i riflettori, senza cibo e acqua oppure con del gelato ricoperto di salsa di fragola, con dei commilitoni che impartivano ordini assurdi o cercavano di non pensare alla guerra.

Potete parlarmi dello sbarco del primo film, forse migliore di Salvate il soldato Ryan, ma io continuo a pensare all’assurdità della guerra.

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