Virtuality

L’ho sopportato 40 minuti, poi ho voluto vederne il finale, che si è rivelato pieno di colori, di effetti speciali, ma non ho voluto approfondire la trama. Denzel Washington con le trecce, nel solito ruolo del buono, in un film d’azione sa un pò di già visto. Era però il ’95, dopo gli albori della realtà virtuale, quando Internet non era tanto conosciuta. La trama quindi è legata ai computer, e pare tutto così romantico, antiquato, anche per un futuro che si permetteva di andare poco al di là del nostro, che mi sembrava carino dargli una possibilità, non tranciarlo ai primi minuti. Ho dato delle possibilità anche a Russell Crowe, che qui recita poco prima di L.A. Confidential, perché è giusto sapere come è salito agli altari delle news, la sua gavetta è qualcosa di indefinito a tanti. L’ennesima pecca, che ha rovinato molto della visione, è l’aver inserito 200 personalità di serial killer, o comunque di cattivi, nella testa del nemico da inseguire. Ora mi sono accorto che nei thriller, come in alcuni film d’azione, era di moda, negli anni ’90, inserire qualche patologia criminale, e, di riflesso, o come controparte, un’esperta dell’argomento. Ne so qualcosa perché non mi vergogno di dire che stavo dietro al genere, ormai trapassato nelle preferenze. E la questione del vetro, di cui si nutriva il cattivo, sa di elaborazione del T-1000. Merita quindi di essere mal giudicato, da Mymovies.it e da altri.

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