Quell’ultimo ponte

Un film di guerra degli anni ’70, che raccoglie molti bravi attori di quel decennio, e pure delle star del passato e del futuro. Ce n’è pure una che in quegli anni faceva sfracelli.

Dirk Bogarde, il meno conosciuto dei tre, fece Morte a Venezia e Il portiere di notte della Cavani, ma risultava interessante per diversi registi, compresi Resnais e Fassbinder.

Laurence Olivier aveva fatto sì Betsy, tra i peggiori, ma anche Dracula, Il maratoneta e I ragazzi venuti dal Brasile, e pure Sherlock Holmes: soluzione sette per cento e La gatta sul tetto che scotta. Una seconda giovinezza.

Gene Hackman lo si ricorda per Il braccio violento della legge, ma soprattutto per Lo spaventapasseri e La conversazione, senza escludere la particina in Frankenstein Jr.

La star: Robert Redford. Ora ditemi voi se avete bisogno di qualche esempio, oppure non pensate alla sua filmografia degli anni ’70. I tre giorni del Condor, tanto per non dimenticarselo…

…Eppure qui ha un ruolo quasi secondario, da Maggiore, ed entra in scena dopo oltre un’ora e mezza. Tipico atto da prima donna? Non credo, perché c’è una serie di attori da paura, ad esempio c’è un giovane Anthony Hopkins, o Michael Caine, ma tutti al servizio di una storia, quella dell’operazione “Market-Garden”, che viene sovrastata da mezzi, soldi, produzione, scene di massa, consulenze di militari che fanno scomparire tutti. Un gran casino la trama, quasi un omaggio agli appassionati del genere, perché pare che la morale, lo scopo del film si riveli solo alla fine: perché tentare inutilmente di prendere quel ponte? Tante morti inutili, qualche errore di strategia, un pò di sfiga ed ecco, forse, un messaggio pacifista, esplicato peraltro dall’unica donna del film, Liv Ulmann, con una preghiera. Oltre tutto, quel popò di cast (forse apprezzabile solo ora, molto a posteriori) non è stato sfruttato a dovere:  magari hanno un ruolo importante, ma poche scene ed un nome altisonante. La cosa cambia poco per Laurence Olivier, quasi un cameo, mentre Elliott Gould neanche l’ho riconosciuto. Il montaggio non aiuta affatto (forse la versione da 140 minuti non è proprio quella da cercare), e pare che tutto venga sommerso da quel ponte improvvisato dai genii. Ma chi era il regista di cotanta impresa? Richard Attenborough, quello di Gandhi, o di A chorus line, o di Grido di libertà. Non so, avrà fatto cose buone, ma non riesco a prenderlo mai troppo sul serio, anche se ha tentato Charlot.

 

 

 

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