Touch – Commento ai primi 3 episodi

Ero rimasto alla terza stagione di Heroes, poi ho smesso di guardare la serie di Tim Kring. Chissà cosa ha fatto nel frattempo…niente!! Mi sa che si è preparato per Touch, mi sa che tutte quelle suggestioni se le è preparate con grande cura. Infondo, come unire tutta quella roba, un insieme di cose che all’inizio di ogni episodio ti sembrano impossibili da sceneggiare? L’introduzione alla serie, presente in ogni episodio con ragionamenti diversi, è questa: tutti siamo uniti, 7 miliardi e più di persone sono collegate; dalla tecnologia all’immaginario filo rosso che si allenta o si ingarbuglia, tutto serve allo scopo. Un ragazzino autistico ha la capacità di vedere passato, presente e futuro nei numeri, nelle equazioni che scrive o guarda. Naturalmente non è lui ad agire, suo padre ha lo scopo di trovare un senso, quindi così inizia a comunicare con lui, col fine ultimo di alleviare il suo dolore. Ogni episodio parte con delle vicende, dei personaggi e delle location lontane tra loro: dal Giappone all’Iraq, dal Sudafrica alla Russia. C’è poi uno smartphone che cambia di mano in mano, dal ragazzino con la bomba innestata dal timer collegato ad esso al padre che dentro ci ha lasciato le foto della figlia morta, fino alla prossima star della musica, che canta che è una meraviglia. Mi sa che ce lo troveremo in ogni episodio, come Tim Kring avrà altro da dire su tutta quella gente, tutti quei personaggi, che spero troveremo nel finale di stagione. In primis quello interpretato da Mr.Blacky di Lost, che…no, non voglio spoilerare, perché le sue vicende si mescolano troppo a quelle di Kiefer Sutherland, padre del prodigio. Ci sono poi due altri personaggi ricorrenti: quello di Danny Glover, un esperto di autismo che spero NON abbia ancora detto tutto, e quella specie di assistente sociale, testimone incredula delle capacità del ragazzo. Mi fermo ai personaggi, ma c’è tanto, tanto materiale su cui scrivere…

Per Cose da uomini cercavo la verosomiglianza, ma qui continuo a meravigliarmi, ad abbandonarmi alla storia, a non cercare spiegazioni, che tanto Tim Kring è uno bravo, quindi mi affido a lui.

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