6 film per 6 giorni

Bassa stagione, quindi cerco di limitare l’attività nel blog, salvo le impegnative classifiche che partiranno la prossima settimana. Questo post raggruppa alcuni tra i peggiori film di genere che ho visto nell’ultima settimana, ma non so se ne verrà conservato il titolo. Accontentatevi…

Hostel – Part II. Ok, dovevano “terminare” il personaggio sopravvissuto nel primo della saga, ma penso che la scena dell’incubo sia migliore della sua fine. Poi entrano in scena le solite tre ragazze americane in vacanza in Europa, e per giunta frequentano un corso d’arte. Spicca la Matarrazzo, ma poi si trasferiscono in Slovacchia, e nel treno ci sono le scene che mi hanno dato più sconforto, e non per i nostri connazionali. Vanno in un villaggio, ma prima c’è l’asta per ucciderle (eh, si, non si va per il sottile), e sembra ci sia un buono, oltre che la solita vittima che si salva. L’ingenua, interpretata dall’attrice sopra citata, naturalmente è la prima a fare una brutta fine, in un tripudio di sangue molto più che cruento. E per il primo giorno di lavoro ero a posto, potevano anche uccidere quella nella vasca con la falce che io non avrei smosso niente della mia faccia. Poi la trama assume i soliti connotati e si arriva al confronto tra il buono di cui sopra e quella che si dovrebbe salvare, e lì noi uomini dovremmo avere un moto d’orgoglio, ma siamo nell’horror più plateale, non si può pretendere qualcosa di intellettuale, specie dopo una mattinata passata sotto il sole. La figura migliore la fanno i bambini, presenti anche nel precedente, che non sono inquietanti, ma direttamente ed inutilmente violenti. Avrei voluto vedere Eli Roth dirigerli…

Men in black II. L’ho già visto, ne sono sicuro, ed invece… Ci sono due nuovi acquisti, Rosario Dawson (volevo sposarla…) e Lara Flynn Boyle (quella di Boxing Helena), ma se ne vanno nel finale. Tutta la sorpresa del precedente, con l’inserimento degli alieni nella società civile (Spielberg nel precedente, Michael Jackson qui), ed il più che consuetudinario rapporto dei MIB con la popolazione, ma soprattutto con il nuovo agente J, occhi dei nostri occhi in casi come questo, naturalmente non si potevano sfruttare, quindi via al nuovo K, smemorato e incapace di sorprendersi prima, quasi da dismettere poi. Ecco, qui inizia il mio dejavù, pensavo di ricordarmelo così, postino che faceva il furbo facendo finta di essersi dimenticato tutto, ma si vede che me lo sono solo sognato. Ogni tanto ridevo, lo ammetto (quel villaggio nell’armadietto, con i maschi che se ne vanno nel club XXX, o il videotecaro con la passione per gli UFO), ogni tanto mi deprimevo (anche per il fisico dell’aliena, atterrata però su quell’astronave a prova di cane), ma alla fine mi sono chiesto: non è che sia dedicato ai minori di 12 anni? Spero un pò nel terzo film, e sono curioso di vedere come inseriscono i viaggi nel tempo, nella trama e nella tecnologia.

La bestia uccide a sangue freddo. Chissà come mai l’ho registrato. Forse in tempi di crisi si approfitta pure di un Fernando Di Leo. Però io c’ho una certa ostilità verso tale genere, anzi, i film di genere italiani dei ’70. Lo scenario è quello di una clinica per donne che devono riposare, quindi ci si avvicina alla malattia mentale, solo che si prendono, credo, gli estremi delle patologie, dall’agorafobia alla mania omicida, per arrivare alla ninfomania. L’unica depressa si salva, ma da chi? Si può parlare della trama, che tanto a chi legge interessa tutto il resto, e non scrivo delle scene di nudo, a volte spintissime, ma dei meccanismi che dovrebbero far salire la tensione, come un Klaus Kinsky psichiatra: ettecredo che si sospetti di lui, già da Quien sabe? avevo dei dubbi, ma tenere poi quelle armi più o meno improprie nel castello, poi il giardiniere con la falce (toh, secondo film con questo attrezzo…), e il divertente gioco della dama, o degli scacchi, con dei dottori che nelle ore serali si aggirano vestiti benissimo e fumando consumati non solo dalla passione, beh, sono elementi che non giocano a favore del film. Comunque devo interessarmi a Di Leo, non mancherò.

Absolute beginners. Qualche giorno fa commentavo l’intervento di Marco46 su Joan Lui, dicendo che col tempo che passa vai a recuperare le cose che ti interessavano una volta, per cercare conferme o smentite. Sarà stata la crescita, sarà il passaggio di un’era geologica, ma Absolute beginners era qualcosa di mitico nei miei ’80, o perlomeno di cult. Uso questi termini così riduttivi perché dovrebbe essere così, dovrei fermarmi qui, ma c’è dell’altro. Julian Temple era un regista di videoclip, forse stimato, e voleva fare il grande salto. La Londra della fine dei ’50 forse era quella di Soho e quella delle rivolte, non voglio approfondire, ma che c’entra tutta quella roba? Un fotografo, una disegnatrice di moda, degli speculatori (Bowie, della partita, non poteva che fare uno di essi), dei numeri musicali più o meno giustificati; mi aspettavo qualcosa del trombettista, ma esce Sade, forse nemmeno trentenne, ed è un piacere per gli occhi e per le orecchie, ma poi c’è il videoclip di Bowie (che pare canti anche Volare – Nel blu dipinto di blu), perché tutta quella fantasia, quei mezzi non potevano che spendersi per lui. Ci sono temi scandalosamente solo accennati, altri lanciati e mai ripresi, e non salverei nemmeno Patsy Kensit. Un bell’esperimento, come il piano sequenza iniziale, ma tanti altri registi del genere hanno avuto molta più fortuna, come David Fincher, ma non ti può salvare Il futuro non è scritto – Joe Strummer…o forse gli anni passano anche per lui, e il doc merita davvero?

Cube zero. Io ricordavo l’atmosfera da Dharma station, ma c’è ben altro, c’è molto altro. Anzitutto l’introduzione dei fumetti del protagonista, mal sviluppata: chi è Brainman, chi è Chessman? Il pranzo introdurrebbe un’atmosfera più futuristica, ma si ferma così, una pillola con patatine e hamburger. Il cubo è come al solito letale, ma le coordinate sembrano più semplici del previsto, forse perché precedentemente non ci si capiva niente, con tutta quella matematica. Ecco che arrivano i risolutori, con guanti (o mani?) adatti a tastiere che non abbiamo ancora mai visto (è la cosa più interessante), capitanati da uno che alle maniere ci tiene particolarmente (è il personaggio più interessante), ma cerca di terminare tutti. La situazione precipita, il buono trova la soluzione e pare si salvi, con la solita oppositrice politica capitata lì per vendetta, ma IL GENIO non permette un prequel senza collegamento all’originale, ed ecco che, con un’operazione chirurgica, lui diventa autistico, quindi con una grande testa per i numeri (la povertà di mezzi però non permette il primo cubo, quindi la scenografia viene bocciata). Esce dal cubo due volte, ma non viene premiato. Mi sa che hanno tagliato tantissimo, altrimenti non si spiegano cose introdotte e mal sviluppate. Tutto potrebbe risolversi tranquillamente in una serie tv, o forse in un’altro film (una saga alla Saw?), magari un remake più hollywoodiano, ma ci dobbiamo accontentare del mero parto di un’idea originalissima.

Death race. All’inizio speravo di risolvere la cosa in pochissimi minuti, ma poi mi ha preso. Tutto va a finire nell’atmosfera da videogioco, ha cose già viste, gli archetipi futuristici della storia, e non c’è nemmeno il fascino per le macchine, ma sono arrivato alla fine. Il fascino per Jason Statham? Quello irrisolto per Joan Allen? Oppure, ancora, la curiosità per una produzione di Roger Corman…chi? No, sarà un’omonimo, direte voi. Ed invece è un remake, l’originale, con lo stesso produttore, è del ’75, ma tutto viene aggiornato con il preciso scopo di colpire un certo target di spettatori. Un film fracassone ogni tanto ci vuole, anche se alcune trovate permettono la prima visione, e l’evasione (ma si, non vi rovino il finale…) con il personaggio gay permette di non bocciarlo completamente.

2 pensieri su “6 film per 6 giorni

  1. Hostel 2 l'ho adorato, una spanna (anche due) sopra il capostipite, mentre Men in Black 2 non lo ricordo proprio, non mi aveva entusiasmata. Dubito andrò a vedere il terzo capitolo, BTW, visto che uscirà anche in 3D.
    Per il resto, non ne ho visto nemmeno uno!!

    • Hostel non rimane assolutamente nel cuore, nella testa invece, nella parte che regola la paura, forse si, ma è comunque esagerato. Pare che Men in black 2 se lo siano dimenticati in tanti.

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