Missing – Commento alle prime tre puntate

Ho sempre adorato le guance di Ashley Judd, ma per guardare questa serie serve altro. A volte mi fermo al pilot per farmi un’opinione, ma ci sono degli argomenti che mi faranno proseguire nel registrare la serie. Non parlo del noto senso materno della protagonista, spinto quasi all’improbabile, coinvolgendo tutti quelli che incontra, quindi tutti coloro che hanno famiglia sembrano degni di fiducia e di protezione. Gli rapiscono il figlio, ed è uno shock al quale lei reagisce tornando nella Cia, anche se è stata messa in pensione (si, esatto, avete letto bene), ed usa tutti i suoi insegnamenti in una lotta che dovrebbe portare lontano, almeno a 13 episodi. Non si sa perché gliel’hanno rapito, probabilmente nelle foto che recupera c’è dietro il padre, oppure il cervello del ragazzo, che nasconde qualche informazione, ma lei si muove agilmente, tra guardie del corpo da ammazzare ed amiche della vita in copertura che riappaiono all’improvviso, a rompere i cosiddetti nei momenti più inopportuni. I movimenti dall’Italia alla Francia e di nuovo in Italia sono facilitati anche da passaporti falsi e da agenti dell’Interpol (il figlio di Giannini) e della Cia in servizio. Per lei è un continuo sballottarsi tra uno e gli altri, per noi la ricerca del figlio con queste risorse pare impossibile da attuare, perché una cosa è il senso materno, altre sono l’incapacità e il coinvolgimento delle polizie internazionali…E non si vede nemmeno uno delle nostre forze dell’ordine…Oddio, con queste righe sono arrivato ad una conclusione diversa dal proposito iniziale: non so se posso continuare a registrarla, tutte le cose di cui sopra fanno quasi agitare il dito sul telecomando verso l’annullamento del timer.

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