Piano 17

Morandini dice che il pubblico neanche l’ha visto, un 1/5 che è il minimo sindacale, non si può andare più sotto. I Manetti Bros. del resto non hanno mai avuto grande fortuna, sono risaliti recentemente alle cronache cinematografiche per L’arrivo di Wang, ma vi sfido a ricordarne qualcosa, se non l’interessamento dei registi per un’altro genere. Con Piano 17 vanno sul noir, ovvero quando la prerogativa è sui cattivi, con i loro comportamenti illegali. Naturalmente c’è spazio pure per i buoni, ma ci sono cattivi ancora più cattivi, e cattivi pure simpatici (un ciccione, ad esempio…). Tutto parte con una rapina, e vedersi le pistolettate a Roma, con una certa maestria, mi fa ricordare Roma violenta e la discussione che sto avendo con Paveloescobar in questo post. Mi sa tanto che i Manetti Bros. tentano una via italiana al revanscismo (termine appropriato?) che ha iniziato Tarantino. Gli va male solo perché certi dialoghi sono arzigogolati, ancora più complicati del regista americano, ma apprezzo moltissimo il montaggio, che svela piano piano tutta la trama, dall’idea della rapina agli innocenti coinvolti, con le loro pare sul capo, l’amante e il lavoro, quindi delle storie laterali che però si fermano alla quasi archetipa storia tra nerd e bellona. Ditemi, infatti, come non si può tifare per l’impiegato con la camicia, la giacca ed la maglietta intima di Space invaders. Ok, ci hanno abituati a questi giochi (Mastrandrea è una guest ricorrente?), ma qui si va oltre, perché la storia principale è scritta benissimo, non ti fa pensare ai soliti filmacci estivi di certi cicli tv. C’è quel non so che, quel pò di originalità che non ti fa rimpiangere nulla: la colonna sonora? La fotografia? L’uso, forse, della telecamera digitale? Ho ancora in testa il più che irrisolto Zora la vampira, ho in testa il loro ambiente, le loro frequentazioni, ma mi sono buttato, l’ho registrato da RaiMovie e l’ho visto. Mi sono quasi divertito…

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