Il ragazzo con la bicicletta

Ovvero i Dardenne. Coraggio, pensavo prima di leggere questa recensione. Da parte loro e da parte mia, ma tutto è filato liscio, pare che non facciano tanta paura come prospettato. Molti anni fa sarebbero stati da Cineforum, da dibattito a seguire, ma pare si siano pure ammorbiditi. Protagonista è un ragazzino che definire ribelle è poco, problematico è riduttivo e agitato un eufemismo. E’ pervicace (parola del giorno, o perlomeno dell’ora e mezza di visione) in tutto, dalla ricerca della bicicletta all’istinto di sopravvivere. Si caccia nei guai, ma non è questa l’aggravante, anzi, dipende solo da quanto sono grossi. Le vicende passano davanti, e lui continua a sbattere la testa dappertutto, come me, Ariete nel midollo. Non sto qui a parlarvi di astrologia, ci mancherebbe. Piuttosto vedo nel film qualcosa di De Sica, anche se il neorealismo era un’altra cosa, o di Truffaut, anche se non c’è la stessa poetica, piuttosto un mondo dove tutti, ma proprio tutti gli adulti, dai 18 anni in sù, sono contro di te. Senza parlare del padre, frutto dei tempi forse, delle rivoluzioni familiari, che però abiura il figlio. Sò di padri messi peggio, ma qui si rasenta l’irreale o la malvagità.

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