Il figlio

Si torna alla realtà, con la prospettiva non allettante di vedermi quasi tutto Werner Herzog, piuttosto pesante se non sai come affrontarlo. C’ha pensato Filmtv (nella maratona mattutina di lettura sul letto, supino, per i soliti danni che combino alla schiena tramite computer. Ah, c’ho delle idee, anche quest’anno, ma i dolori ritardano l’effettivo, nuovo inizio di AGegiofilm), con un bell’articolo sui 70 del nostro, e la paura di affrontarlo si è ridotta, con una guida così affidabile. Per i Dardenne invece è un tuffo carpiato dal trampolino di 10 metri. Anni fa, anzi, quasi 10 anni fa, ho visto Rosetta, e mi è rimasto in testa come riferimento per i cinefili duri e puri. D’altronde, se a uno chiedete dei Dardenne, potete capire chi è, come si rapporta al cinema, cosa ne sa effettivamente. Il ragazzo con la bicicletta, pensate voi, l’ho scelto dalle uscite in sala dello scorso anno, e me lo sono goduto qualche mese fa: il più ottimista dei tre, devo ammetterlo, il più incasinato, quello che dà meno problemi di comprensione. Quella telecamera a mano, quel non farti vedere cosa succede in controcampo, quelle assenze di prerequisiti classici del cinema, come la colonna sonora, ti fanno dire che i fratelli sono piuttosto ostici, o naturalisti, rimembrando le mie conoscenze di letteratura. Ci sarà senz’altro chi ne dirà di più, ne saprà più di me, ma qui, ne Il figlio, tutta la tensione è nel dover affrontare quell’omicidio, e la speranza troppo vana che il biondino sia il figlio di primo letto del protagonista, viene subito cancellata, anche se si comporta come un bimbo nell’avvicinarsi a lui. No, i Dardenne sono diretti, e ti fanno comparire i titoli di coda (quelli di testa sono i più sintetici che ho visto in questo periodo)  appena compare un pò di accordo tra i due personaggi principali, appena il pentimento si annuncia. Non è un film da sabato sera, o da anteprima, di quelli che vuoi vedere il prima possibile, ma, come per i blockbuster, devi trovare un momento anche per i Dardenne.

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