Sam Peckinpah – Da Sfida nell’Alta Sierra (1962) a Osterman weekend (1983)

Torno all’ovile cinefilo, perché mi son distratto troppo negli ultimi tempi. Vabbè, ho anche ricominciato a lavorare, ma l’anno scorso ho tenuto un ritmo invidiabile di un film al giorno per 5 mesi, quindi tenterò di recuperare quella cadenza, in qualche modo. E le classifiche dei registi? State quieti, ci sto pensando, ma il Mereghetti è un bel mattone, e 2000 titoli da cercare non sono impresa facile. Intanto completo Sam Peckinpah.

Sfida nell’Alta Sierra. L’avrò visto un mese fa? Due settimane fa? Chi si ricorda. Il peggio è che non mi ricordo assolutamente nulla del film. Io e il western classico non abbiamo un bel rapporto, anche se si tratta del primo Peckinpah. Vediamo Film.tv.it…Ah beh, la sufficienza dovrebbe saltar fuori, dopo aver letto la trama. Inizia l’avventura della donna per il regista, che le tratta male, fa far loro una brutta fine e di solito non si fa problemi a spogliarle. C’è di più? Si, la violenza, perché c’è sempre una scena in cui si alza il tono del tema, e qui siamo ancora negli anni ’60, quando non c’era nessuno a far rivoluzioni. Ma io penso…Peckinpah dovrebbe aver avuto qualche problema, se non sbaglio…vado su Wikipedia…si, ha rivoluzionato il genere, a partire dalle sparatorie, più realistiche.

Sierra Charriba. Cos’è? Chi è piuttosto, in un improvviso lampo di memoria: ah, si si, quell’indiano che…Si parte da lui, si arriva a lui, ma la trama prende un’altra piega, perché è ambientata durante la Guerra civile americana, e ci sono rossi, ok, ma anche bianchi, neri, disertori, catturati, regolari e un trombettiere. Insomma, anche qui il regista si prende la briga di far avanzare il western…no, cosa c’entra? E’ un film di frontiera? Mah…C’è piuttosto un gruppone di soldati che cerca l’indiano, e si vede la vita dell’esercito che invade una cittadina sfortunata, ad esempio, ma di sparatorie non ne ricordo. Ogni tanto mi perdevo, ma mi rendo conto, con Wikipedia, che il film è stato veramente dimezzato dai produttori, da oltre 4 ore a 2 ore: pensate che tagli, che trama, quale finale. Iniziano, mi pare, le battaglie per il final cut.

La ballata di Cable Hogue. No, non è una città, e non si sente alcuna nota dominante, oppure ho perso la ballata. E’ un western crepuscolare, lo si capisce anche prima del finale metaforico, e si vede un povero disgraziato che diventa imprenditore, con in testa sempre la vendetta verso coloro che l’hanno abbandonato immezzo al deserto. E’ una parabola che si apprezza anche per la simpatia del personaggio principale, ma ti rimane in testa solo quell’auto che lo falcia alla fine, quando il tono diventa pure metafisico.

Cane di paglia. Un ragazzo, Dustin Hoffman era un ragazzo quando ha fatto questo film, ed interpretava un matematico che si vede il solito gruppo di disgraziati che entra nella sua vita in modo violento. Dovrebbe essere la terza visione, questa, ma anche qui ha senso rivederselo con tutto ciò che ha fatto Peckinpah, altrimenti, con l’assuefazione, si dimentica tutto il suo lavoro sulla violenza. Entrato nell’epoca attuale, dopo tre western, si confina al villaggio, dove c’è il pub, i “guasconi”, la scolaresca e il solito matto. No, non finisce qui, perché c’è la ragazza che è cresciuta lì e se ne è andata. Da uno come Dustin Hoffman, già Laureato, non ti aspetti nient’altro che lavagne con formule, non un fucile in mano, figurarsi una trappolona che solo a vederla fa paura: era perfetto per il ruolo.

L’ultimo buscadero. Ma perché prendersi Steve McQueen per un divertissement? Perché si è fatto un tale film, che non ha niente di avvicinabile al crepuscolare? Un film sui rodeo era già di per sè inguardabile, ma piano piano ti accorgi che nelle scene più vive c’è un buonissimo montaggio e quell’attore non usa stuntman. E’ un passo avanti, ma tutto ti fa dubitare del perché o del come sia stato fatto. Anche Wikipedia glissa alla grande.

Pat Garrett e Billy the Kid. Sapete già del mio rapporto col western, amato quando si prende poco sul serio (Leone), da quando si inizia a parlare di indiani (Kostner) o quando c’è altro rispetto al solito tema degli americani sotto assedio, o dello sceriffo buono come Wayne, comunque della frontiera che comprende fatica e pallottole. Anche qui siamo al crepuscolo, se lo sceriffo era della banda e si è trasformato in un regolare. Il fascino però sta tutto nel personaggio di Bob Dylan. Knockin’ on heaven’s door era per me il film, e basta, nient’altro, ma capire che ha un certo ruolo nel film, a parte quello formale del maniscalco, è stato un bel pò straniante. Direi che della filmografia salverei volentieri questo, ma i voti devono confermarlo. Consiglio: appena vedi un tuo amico dall’altra parte della barricata, per piacere, chiediti se sei cresciuto e, ogni giorno, ogni ora, se per caso è ancora il caso di combattere.

Voglio la testa di Garcia. Qui muore la donna. Ma che rapporto c’aveva con le donne? Ok, la violenza, ma le donne? Ok, è co-protagonista, e non dovrebbe sorprenderti che se ne vada all’altro mondo, ma è tutta una sequela!!! Anche qui un romanticone che combatte per delle cause perse: 10.000 dollari oppure la morte, il Messico più povero oppure un’idea di ritorno a casa. Anche qui c’è un “ordine superiore” che fa paura, quell’ufficio nell’hotel è da antologia, forse più di chi ha dato l’ordine del titolo. Poi, quell’introduzione che ti fa assaporare l’idea che sia l’ennesimo western, è bellissima, mentre il Messico continua a non sembrare solo un luogo per turisti, a partire dall’acqua nella caraffa, con tutta quella terra nel vestito buono. Chissà se David Fincher ha pensato a lui per le scene di Michael Douglas in The game…Primo film col final cut del regista.

Killer elite. James Caan e Robert Duvall, che vi devo dire. Entrambi sono paralleli alla Cia, ma uno ferisce gravemente l’altro, ed il buono diventa quasi un supereroe col bastone (ci sarebbe materiale, dai, per un fumetto), entra un politico giapponese e i due si ritrovano su due barricate diverse. Poteva, dico poteva prendere una piega diversa, senza quella lunghissima riabilitazione, quei proclami inutili sulla democrazia, anche se il finale è molto bello, perlomeno per le scenografie, una flotta di riserva che magari è anche vera, anche se non si pensa affatto a far combattere i due. Peckinpah si era già sconvolto all’epoca, quindi non pretendere tanto è normale. Ma quel supereroe….

Osterman weekend. Ecco, qui mi sono perso nella parte centrale. Meriterebbe un bel remake, un omaggio della Hollywood di adesso al regista, che aveva trovato un nuovo genere, un’affinità con le spie. La trama si intrica abbastanza, nel momento peggiore, ma il regista pare avere mano sicura, e la vendetta qui è, se siete abbastanza coinvolti, piuttosto disturbante. Gli intrighi ci sono, l’ordine superiore è dietro l’angolo (ah, in Killer elite il capo fa affari con entrambi i personaggi), e c’è una meravigliosa casa con telecamere nascoste, con un Ian Hurt convincente a spiare e a consigliare un Rutger Houer finalmente buono. E il finale? Quella morale che non invecchia mai riguardante la televisione?

E Il mucchio selvaggio? In Top 100. Gli altri in Top 2500:

  • Sfida nell’Alta Sierra: 1313°
  • Sierra Charriba: 1519°
  • Cane di paglia: 1181°
  • La ballata di Cable Hogue: 994°
  • Pat Garrett e Billy the Kid: 549°
  • Voglio la testa di Garcia: 795°

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