Woody Allen – Parte VI

E siamo alla fine del ciclo, concluso qualche giorno fa ormai, ma ne scrivo solo ora per la mia ossessione verso gli attori della Top 2500 (più tardi posterò la classifica, ancora provvisoria, con i voti di IMDB e di Film.tv.it). Ci dovrebbe essere un Allen per tutti, ne sono convinto, perché uno che fa un film all’anno non può non piacere, anche se a priori lo si allontana dalle proprie preferenze. Ho già salvato in Top 200 alcuni suoi film, ma con la storia del 1 x 10 credo che ne salverò almeno altri tre, quindi andate nel foglio elettronico con tutti i miei voti degli ultimi mesi, aggiornato una volta al giorno.

Scoop. Capita a volte che gli incipit regalino sorprese, e questa volta è di quelli fulminanti, visto che si evolve la figura dell’essere con falce e cappuccio, e un giornalista non può fare a meno di uno scoop: critica non tanto velata? Woody qui recita, e fa il mago, o aspirante tale, come desiderava nell’adolescenza, dalla sua bio: si dev’essere proprio divertito. Entra in scena colei che ruba la scena, volente o nolente, a tutto il resto del cast: Scarlett Johannson (a Venezia nel prossimo festival del Cinema). E’ un piacere guardarla, e si abbandona tutto il resto, devo ammetterlo, perché il genere è quello del giallo, scritto senza troppa fatica e ci si trascina mal volentieri fino al finale. Ma se si torna al giornalista, alla sua insistenza nel gettarsi dalla barca della morte, si trova un pò di godimento in più.

Sogni e delitti. Ancora in calo di qualità, di nuovo un filmetto che mi fa dubitare dell’effettiva scarsa qualità dei film a cavallo del 2000. Questo l’ho trovato su Youtube, ma potevo farne a meno, perché pare tutto normalizzato, tutto troppo stinto per essere un film di Allen. Tutto ruota intorno ai due fratelli, Farrell e McGregor, che per risolvere un pò di casini monetari, si vedono chiedere dal zio riccone un favore. Sta qui la morale, qui c’è la critica, il punto di partenza, ma lo svolgimento della trama è piuttosto deludente, un film scritto senza troppa partecipazione.

Basta che funzioni. Ed ora la ripresa, la qualità. Chissà se Boris può essere considerato l’alter ego di Allen, chissà se è ancora così pessimista. Certo, la boria, o la cattiveria, l’odio verso l’umanità si possono risolvere con un “basta che funzioni”. L’evoluzione dei personaggi è da manuale, da bignami, svolto tutto in pochi mesi, ma con una sintesi mirabile. L’unico punto fermo rimane il protagonista, mentre tutti crescono, almeno intellettualmente, almeno esteriormente, perché a lui capitano quei momenti di “l’orrore, l’orrore!” che ripagano in pieno il prezzo del biglietto, o le due ore perse a guardarlo. E la storia d’amore non è di quelle più strane mai raccontate, per una coppia che supera perfino Harold e Maude?

Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni. Ok, il da farsi per trovare l’amore è a volte troppo drammatico, troppo impegnativo, specie oltre la crisi di mezza età, quando ci si rivolge all’occulto. Anthony Hopkins, comunque in forma, anche se dovrebbe essere tutta finzione, non ha avuto mai la mia compassione, e lo scrittore, interpretato da Josh Brolin, è fin troppo…normale. Il personaggio più interessante è quello di Naomi Watts, in bilico nella la psicosi, figlia di Hopkins, moglie di Brolin e con una madre che a tratti pare affetta da demenza senile. Non siamo nemmeno qui oltre la sufficienza, ed è drammatico per ciò che continuavo a dire in giro sull’Allen peggiore.

To Rome with love. Ecco, nel pieno della preparazione della classifica degli attori, mentre il caldo cresceva esponenzialmente, influenzando il mio stato psicofisico e la parte della mia vita dedicata al lavoro, sono riuscito a guardare almeno mezz’ora della gita di Allen in Italia. E’ stato disprezzato da tanti, ed io, mi pare, mi chiedevo cosa c’era da salvare: niente. Parte piano, con troppi personaggi, si svolge in modo piatto, e neanche il nostro Roberto Benigni riesce ad interessarmi. Piatto, e non c’ho nemmeno visto il nostro essere italiani. A tratti invece mi vergognavo di vedere quell’impianto da fiction che tanto odio. E non ditemi che altrove lo si guardava con i sottotitoli, perché è una vera e propria caduta di stile, neanche trent’anni fa poteva essere inserito in un Cineforum.

In Top 2500:

  • Basta che funzioni: 1011°

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Un pensiero su “Woody Allen – Parte VI

  1. Una votazione facile, finalmente. Basta che funzioni secondo me domina nel lotto.

    Come già ben saprai, non sono per niente d'accordo con la sottovalutazione degli altri titoli. Ma finché me li si lascia godere in pace non è che la cosa mi preoccupi più di tanto.

    Il problema dello spettatore medio credo che sia nel fatto che Allen ami fare quello che gli passa per la testa, che spesso non coincide con quello che ci si potrebbe aspettare dal prodotto confezionato standard. Sogni e delitti, ad esempio, è una tragedia greca ambientata ai nostri giorni. Vederla aspettandosi uno slapstick in stile Bananas forse non è consigliabile.

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