E’ stato il figlio

I Simpson, Forrest Gump, tanto per ricordare ciò che dicevano a Hollywood party di Radio 3. Ma il film di Daniele Ciprì…si, esatto, ho controllato su Film.tv.it…è qualcos’altro. C’è un Toni Servillo…si, lui, non il fratello nella Avion travel…che si trasforma in palermitano, letteralmente, perché dicono in città si parli un’altro dialetto, cosa ribadita nell’intervista a Giselda Volodi, sempre da un podcast di Radio 3. Si mimetizza, e c’è un gran lavoro di ricostruzione dei quartieri popolari, o forse no, sono sempre gli stessi, mentre la fine degli anni ’70 è veramente cosa ben fatta. Piuttosto i dialoghi, nella parlata della zona, ogni tanto hanno bisogno di sottotitoli, ma per la maggior parte del film non servono, appena si entra nei personaggi, e ci si lascia trascinare dalla trama e dalle idee di Ciprì. Si, perché è un mostro della fotografia, vedasi Marco Bellocchio per Vincere e Bella addormentata, ma se da una parte riconosciamo Cinico tv, da dove ha tirato fuori gli uomini con le borse della spesa, dall’altra non capiamo perché non abbia iniziato prima a fare i suoi film. La trama è sul grottesco, la commedia, ma si vede in penombra, appena accennata, mai approfondita, la mafia, vista dai disgraziati cittadini, fino al finale, dove una paurosa nonna, sempre in silenzio fino a quel momento, spiega perché si parte dalle file alle Poste.  All’interno del film si vedono personaggi e situazioni che fanno capire come comportamenti e mentalità, in quell’isola, siano influenzati dalla piaga anche ai livelli più impensati. E’ una storia di mafia? No. E’ una commedia? Forse. C’è del grottesco nel riscatto del risarcimento, e anche nella faccia di Servillo quando compra la Mercedes e la fa benedire, ma si cade letteralmente nel finale. Daniele Ciprì fa parte di quella terna o quaterna che dovrebbe rinnovare, un’altra volta, l’ennesima, il cinema italiano, e ci potrebbe riuscire, anche se finora ha cazzeggiato alla grande, anche se ha fatto grandi cose in tv.

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