Federico Fellini – Parte I

Si ricomincia alla grande, ma come anticipato su Twitter, mi toccherà fermarmi ad ascoltare podcast, guardare documentari e magari leggere qualcosa sul regista, visto il tanto materiale raccolto in alcuni anni, da quando ho tirato fuori una discutibile lista dei Grandi. In questi post comunque tirerò fuori poche pallottole, visto che guarderò i film, cinque alla volta, e li commenterò solo con l’aiuto dei trivia di IMDB.

Lo sceicco bianco. Fellini e la celebrità, rapporto che andrebbe analizzato. Anche Sordi però meriterebbe un’approfondimento, se non fosse così “italiano”, come direbbe Stanis di Boris. Eravamo già al mito, perché quell’altalena immezzo al niente ti ricorda molto del regista, e pure l’atmosfera sul set del fotoromanzo. Poi c’è la piccola questione dei baciapile, perché nella prima cinquina di film c’è quasi sempre un prete di mezzo. E il favoloso Leopoldo Trieste che cerca un posto da segretario comunale….

I vitelloni. Ecco, me lo ricordavo diverso. O me lo sono immaginato? Qualche anno fa ho fatto un’analisi dei 2500 film che ricordavo di aver visto. Ma questo? E’ il tempo che trascorre a renderli diversi? Oppure è l’occhio clinico e cinefilo? Poi, quella scena, nel finale purtroppo, che ti rovina tutta la visione, che ti domandi da dove cavolo esce….E il paragone con Amici miei? Scatta appena finito il primo inseguimento tra padre e figlio, quando speri che il fattaccio non sia successo, che sia un’invenzione degli amici. Non è così, siamo ancora negli anni ’50 purtroppo, e Fellini non tenta il salto morale con Pinelli e Flaiano. Sordi mi si rivela un grande, ma quanti film, quanto tempo buttato dietro a commediole, anche se in quegli stessi anni inizia una sequela di ritratti di italiani che dimentichi il suo stare esattamente al centro. Chissà invece che si dice nei podcast, quali aneddoti….

Il bidone. Un film drammatico, un’introduzione che ti fa ricordare prima quei meravigliosi film di truffa, poi i precedenti tentativi di “ironizzare” sui preti del trio di sceneggiatori….(No, è un periodo così, perché in spiaggia ho trovato una cliente che pareva uscita dagli anni ’50, che, per un pò di animazione per bambini a volume sostenuto, aveva nostalgia della buona vecchia musica, e mi ha tirato fuori l’onnipotente. Io sono agnostico, volevo dirle, ma se vuole mi divento ateo, basta un attimo…). Quindi siamo dalle parti de Il mattatore, altro titolo di quegli anni, o meglio ancora I soliti ignoti, ma il tentativo non riesce bene, e la gente americana non riesce a far fare il botto. Certo, i ritrattini sono buoni, fila abbastanza liscio, ma il finale vuole essere doppiamente drammatico, e non ci riesce. O è il mio periodo del bicchiere mezzo vuoto? Certe facce dovrebbero esser colte più sorridenti….

La dolce vita. Come scritto prima, anche qui sono in dubbio sull’averlo già visto o meno. Sono sicuro di non ricordarlo comunque, e, come cinguettato, scatta il paragone con La grande bellezza. Ma qui c’è Mastroianni, l’immensa Ekberg mi sovrasta, Roma pareva veramente una bella città, e c’è un certo filo logico, non come per Sorrentino, che ti fa dubitare della linea temporale. Inoltre Marcello un lavoro ce l’ha, non come Gep….Quasi tre righe sul nulla, ma il risultato è quasi lo stesso, almeno dalla parte dell’amore dell’Academy….perché l’ha vinto l’Oscar, vero? No, solo per i costumi, ma quanti se lo ricordano in terra americana? E’ Cinecittà, e boom economico, e fama, e forse un pò di fortuna. Quel periodo, a cavallo degli anni ’60, andrebbe analizzato, perché potrebbe essere veramente il cinema d’oro per noi, che tra l’altro siamo usciti dal Neorealismo, abbiamo imboccato la commedia all’italiana, ci siamo fatti riconoscere in Francia. Insomma, La dolce vita potrebbe essere un coronamento, forse ancora meglio del mio adorato Otto e mezzo.

Le tentazioni del dottor Antonio, ovvero Boccaccio ’70 – Atto II. Oh, De Filippo. Qui siamo nel ultra democristianità, quando anche togliersi un cappello dalla testa poteva non essere criticato per scherzo. Potevano spingere su questo (anche qui, la foto del bacio al prete), ma hanno preso la Ekberg, una che, vista così….Come altre volte, il cinema italiano si scambiava favori, collaborava, si mescolava, ed ecco che Fellini si accompagnava ad altri due registi oggetto di mie prossime visioni, ovvero Visconti e De Sica. Ve l’ho già scritto, è un periodo bellissimo per l’Italia, da analizzare, in cui si concentrano i sei gradi di separazione, in cui potevamo osare senza patemi. Non so cosa avesse poi combinato Monicelli per farsi togliere il suo segmento in produzione, ma lo scandalo ci fù, e gli altri 3 si rifiutarono di partecipare a Cannes per una edizione ridotta del film. Io ho registrato da Cult l’edizione da 3h e 20m….

Un pensiero su “Federico Fellini – Parte I

  1. Concordo che LA DOLCE VITA è un gradino sotto 8&mezzo (diciamo che vale nove mentre l'altro è da 10elode)
    c'è tanta malinconia nel Marcello che attraversa Roma senza innamorarsi mai del tutto…

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