I veri Cast perfetti?

Spero vi ricordiate cosa sono mai i Cast perfetti. Nun ho vojlia de ripeterme…

Vi ho ricordato James Bond – Casino royale, e Hannah e le sue sorelle, i più partecipati, ma c’è anche un Final cut – Ladies and Gentlemen che ha un bel numero di cotanti attori, ma è un documentario.

Il metodo questa volta è: i film con almeno 3 grandi attori, di quelli delle classifiche postate all’inizio; un film per anno, quello col miglior voto medio. I nomi degli attori potete vederli alla fine del post, anzi, nel foglio elettronico che vi perseguita per tutto il blog.

1929 Libertà
1930 Marocco
1931 Monkey Business
1932 I fratelli Marx al college
1933 La guerra lampo dei fratelli Marx
1934 Tormento
1935 Una notte all’Opera
1936 La conquista del West
1937 Angelo
1938 Susanna
1939 Ombre rosse
1940 Scandalo a Filadelfia
1941 Una pallottola per Roy
1942 Casablanca
1943 Alba fatale
1944 Vertigine
1945 Salerno ora X
1946 Notorious – L’amante perduta
1947 Il fantasma e la signora Muir
1948 Il fiume rosso
1949 Il terzo uomo
1950 Il padre della sposa
1951 Un tram che si chiama desiderio
1952 Ivanhoe
1953 Johnny Guitar
1954 La contessa scalza
1955 La morte corre sul fiume
1956 Moby Dick. La balena bianca
1957 Orizzonti di gloria
1958 L’infernale Quinlan
1959 La grande guerra
1960 Spartacus
1961 Una vita difficile
1962 Il Gattopardo
1963 Il dottor Stranamore
1964 Lilith – La dea dell’amore
1965 Per qualche dollaro in più
1966 L’armata Brancaleone
1967 A ciascuno il suo
1968 La vergogna
1969 C’era una volta il West
1970 Piccolo grande uomo
1971 Il braccio violento della legge
1972 Il padrino
1973 La grande abbuffata
1974 Il padrino – parte II
1975 Amici miei
1976 Taxi Driver
1977 Guerre stellari
1978 Il cacciatore
1979 Apocalypse Now
1980 The Elephant Man
1981 Reds
1982 Il mondo nuovo
1983 Il ritorno dello Jedi
1984 Il migliore
1985 Speriamo che sia femmina
1986 La famiglia
1987 The Untouchables – Gli intoccabili
1988 Le relazioni pericolose
1989 Un’altra donna
1990 Il padrino – Parte III
1991 JFK – Un caso ancora aperto
1992 Gli spietati
1993 Quel che resta del giorno
1994 Pulp Fiction
1995 Heat La sfida
1996 Mars Attacks!
1997 Affliction
1998 Il grande Lebowski
1999 Insider. Dietro la verità
2000 Apocalypse Now: Redux
2001 Moulin Rouge!
2002 Gangs of New York
2003 Big Fish. Le storie di una vita incredibile
2004 Million Dollar Baby
2005 Syriana
2006 The Departed. Il bene e il male
2007 Emotional Arithmetic
2008 The Reader. A voce alta
2009 I Knew It Was You
2010 Inception
2011 Harry Potter e i doni della morte. Parte II
2012 007 Skyfall
2013 Snowpiercer

Donnie Brasco

L’ultimo film del ciclo Cast perfetti. Poi telefilm, una serie di post speciali ed infine inizia la bassa stagione del blog.

Al Pacino ha dato il suo meglio negli anni ’90 e non nei ’70? Nel secondo decennio ha fatto due filmoni, le prime parti de Il padrino, ma anche tante altre cose degne di nota, quindi vi invio al post sul mio rapporto con lui. E nel periodo più recente? Si riparte da Il padrino – Parte III, il più debole dei tre, ma come considerare Dick Tracy? Si risolleva poi, nella mia considerazione, con Paura d’amare, e nella testa dei cinefili con Americani. Scent of a woman gli dà l’Oscar, Carlito’s way può restare nella nostra memoria, poi un film conosciuto a pochi, Un giorno da ricordare. Si risolleva con Heat – La sfida, poi sperimenta con Riccardo III – Un uomo, un re. Quindi Donnie Brasco e L’avvocato del diavolo. Inizia ad esagerare nella recitazione, ma ce ne accorgeremo più avanti, prima viene Insider – Dietro la verità e Ogni maledetta domenica. Bel decennio?

Johnny Depp prima di Edward – Mani di forbice ha fatto Cry baby, poi una collaborazione a me finora sconosciuta con Kosturica per Il valzer del pesce freccia. Buon compleanno Mr. Grape e si conferma il duo Burton-Deep per Ed Wood. Don Juan de Marco e Minuti contati sono piuttosto deprecabili, ma c’è anche Jim Jarmusch, con Dead Man. Ecco quindi Donnie Brasco, ma anche un’altro punto interrogativo per Il coraggioso. Paura e delirio a Las Vegas devo ancora rivederlo, colpa della tv se non ne posso confermare la qualità. La nona porta è interessante, ma poi The astronaut’s wife è una caduta. Terzo film con Burton, Il mistero di Sleepy Hollow nel ’99.

Entrambi grandi attori quindi, ma quanto? Il secondo è imbrigliato a Tim Burton, altrimenti chissà, mentre il primo ha avuto uno stop di carriera legato alla biografia. Sopporto più Al Pacino di Johnny Depp, ma per fare un ciclo su quest’ultimo devo capire il regista, quindi viene tutto rimandato a data indefinita, come per Marlene Dietrich e qualcun’altro.

Donnie Brasco non è di Scorsese, è di un grande fabbricatore, Mike Newell, e prodotto da Barry Levinson, uno che non si può certamente abbonare ad un genere. Poliziesco o gangsta in questo caso? Drammatico piuttosto, anche se si inserisce in quella piccola grande filmografia sui mafiosi (sono talmente e pericolosamente affascinato dal sottogenere che vorrei ci fosse una timeline da seguire). In America del resto è tutto molto romanzesco, se anche James Ellroy ha avuto da scrivere. Ho un buon libro sull’argomento, nella libreria, “Mafia americana – Fatti e misfatti dei grandi padrini. Da Al Capone a John Gotti“, ma chissà quando gli toglierò il cellophane…Naturalmente Donnie Brasco non si ispira ad esso, tutto è correlato, a partire da Santo Trafficante, la “star” del film. Ci sono quindi i capodecina, i connessi, i “nostri” ed i “miei” amici. Siamo quindi nella manovalanza, quelli che devono sempre e comunque dei soldi a chi sta più in alto, e il personaggio di Al Pacino è ancora ai bassi livelli, anche se l’anzianità, la “carriera” non vengono considerate. Uno che si arrabbatta, finché incontra Donnie, un gioielliere, Joe Pistone, un agente infiltrato dell’FBI che diventa connesso e poi affiliato. Un’ascesa pericolosa, a scapito dei rapporti con i capi e la famiglia, senza parlare dell’equilibrio mentale. Il finale direbbe tutto, quei 500 dollari su assegno e quella medaglia dati in tutta fretta, se sono verità sono pure uno schiaffo morale (IMDB ci mette la parola Biography nel sottogenere). Nel mezzo c’è la criminalità, la ricerca di nuove fonti, di nuovi traffici, di personaggi che entrano ed escono a volte con conseguenze letali. Anche qui si parla di una mezza dozzina di visioni, ma cos’è che non me l’ha mai fatto apprezzare finora? L’assenza di una colonna sonora di nota, un montaggio semplice, una certa povertà di mezzi, un protagonista con un ruolo da perdente che viene messo da parte, ad un certo punto, e l’altro che cerca di tenere il muso per tutto il tempo, ma non posso che collegarlo a Burton (fate voi il contrario delle ultime considerazioni e capirete a chi sono affezionato). La sceneggiatura, me ne sono accorto ieri, è buona, anche se le altre volte mi sfuggiva il senso delle azioni di tutti.

Oltre al sottosottogenere mafioso mi piacciono quelli sulle vicende degli agenti infiltrati, o che comunque rompono le palle, come Serpico… romanzate e sintetizzate. Ne esce così un’altro difetto del film, una certo rapido e tranquillo trascorrere del tempo. Ma per quanti anni Pistone è rimasto lontano dalla famiglia? Questa è una domanda piuttosto interessante, alla quale Wikipedia riesce a rispondere: 6 anni!!!! Ora capisco la scena del ristorante giapponese, tutta quella tensione che pare risolversi in una scena di Joe Pesci. 6 anni in due ore di film che purtroppo scorre troppo semplicemente.

Forse scrivendo questo post ho messo ordine sulle idee che avevo, forse capisco perché piace a tanti e perché non mi è mai piaciuto abbastanza. Non penso di rivederlo, piuttosto prendo in mano il libro di cui sopra…

 

Quell’ultimo ponte

Un film di guerra degli anni ’70, che raccoglie molti bravi attori di quel decennio, e pure delle star del passato e del futuro. Ce n’è pure una che in quegli anni faceva sfracelli.

Dirk Bogarde, il meno conosciuto dei tre, fece Morte a Venezia e Il portiere di notte della Cavani, ma risultava interessante per diversi registi, compresi Resnais e Fassbinder.

Laurence Olivier aveva fatto sì Betsy, tra i peggiori, ma anche Dracula, Il maratoneta e I ragazzi venuti dal Brasile, e pure Sherlock Holmes: soluzione sette per cento e La gatta sul tetto che scotta. Una seconda giovinezza.

Gene Hackman lo si ricorda per Il braccio violento della legge, ma soprattutto per Lo spaventapasseri e La conversazione, senza escludere la particina in Frankenstein Jr.

La star: Robert Redford. Ora ditemi voi se avete bisogno di qualche esempio, oppure non pensate alla sua filmografia degli anni ’70. I tre giorni del Condor, tanto per non dimenticarselo…

…Eppure qui ha un ruolo quasi secondario, da Maggiore, ed entra in scena dopo oltre un’ora e mezza. Tipico atto da prima donna? Non credo, perché c’è una serie di attori da paura, ad esempio c’è un giovane Anthony Hopkins, o Michael Caine, ma tutti al servizio di una storia, quella dell’operazione “Market-Garden”, che viene sovrastata da mezzi, soldi, produzione, scene di massa, consulenze di militari che fanno scomparire tutti. Un gran casino la trama, quasi un omaggio agli appassionati del genere, perché pare che la morale, lo scopo del film si riveli solo alla fine: perché tentare inutilmente di prendere quel ponte? Tante morti inutili, qualche errore di strategia, un pò di sfiga ed ecco, forse, un messaggio pacifista, esplicato peraltro dall’unica donna del film, Liv Ulmann, con una preghiera. Oltre tutto, quel popò di cast (forse apprezzabile solo ora, molto a posteriori) non è stato sfruttato a dovere:  magari hanno un ruolo importante, ma poche scene ed un nome altisonante. La cosa cambia poco per Laurence Olivier, quasi un cameo, mentre Elliott Gould neanche l’ho riconosciuto. Il montaggio non aiuta affatto (forse la versione da 140 minuti non è proprio quella da cercare), e pare che tutto venga sommerso da quel ponte improvvisato dai genii. Ma chi era il regista di cotanta impresa? Richard Attenborough, quello di Gandhi, o di A chorus line, o di Grido di libertà. Non so, avrà fatto cose buone, ma non riesco a prenderlo mai troppo sul serio, anche se ha tentato Charlot.

 

 

 

Un uomo a nudo

Torna, per il terzo film del ciclo Cast perfetti, Burt Lancaster. Ormai è uno di famiglia in questo blog, anche se manca poca roba da vedere con lui.

Piuttosto: chi è Kim Hunter? Su IMDB c’è una sua foto da Il pianeta delle scimmie, primo titolo che giustifica la sua presenza nella mia classifica degli attori, ma poi? A meno che non abbiamo dato un buon voto per il film del post, non so da dove venga tutta quella fama. Filmtv.it, altro sito foriero di foto, dice che ha fatto almeno 13 film: 2 seguiti della saga del Pianeta delle scimmie, ma lì non è inserita nel cast di Un uomo a nudo. Se si considerano i voti per decennio non si può certamente includere Un tram che si chiama desiderio, del ’51, quindi è un’altra di quelli che capitano al posto giusto al momento giusto. Come spiegare tutta quella tv che ha fatto? Speravo ci fossero due Kim Hunter, un’omonimia, ma non è così. E la cosa si complica, perché non ricordo assolutamente il suo personaggio!!

Burt Lancaster aveva mandato a quel paese il botteghino, che gli aveva dato molte soddisfazioni, e si prese un ruolo che non gli si adattava. La storia inizia con un bagno in piscina, quindi è almeno estate, e ne esce uno che a 53 anni, Burt che interpreta Ned, non dovrebbe essere così in forma. I suoi amici sembra siano ben messi finanziariamente, e gli chiedono della sua situazione, familiare, economica etc, in una delle solite discussioni che si fanno con chi non si vede da un pezzo. Beh, è un’introduzione normale, mi pare. Però per chissà quale motivo si propone di attraversare la Contea in un percorso che comprende tutte le piscine, da lì a casa sua. Una bella pensata, ogni tanto la mezza età ti fa fare di quelle cavolate, magari condite con alcool  e con gli amici. Entra ed esce dalle piscine, private o pubbliche, ma inizia anche a non essere ben accetto già dalla seconda villa che visita. Alla terza piscina incontra la ex baby sitter delle figlie, una bella ventenne, e lui ci prova, e gli va male. Beh, sono episodi che succedono, penso io, ma piano piano ci si accorge che l’unico vestiario del protagonista è il costume, e lui continua nel suo intento, anche se si è preso una storta. Le piscine sono perfette o vuote, grandi o piccole, coperte o meno, ma la gente che ci incontra (è sempre aperta la questione dell’intromissione in proprietà privata, ma solo in un caso viene fatta valere) è sempre più cattiva, e da loro viene sempre più messo a nudo. Non sappiamo quindi quasi niente da lui, ma sempre più le male parole con cui viene accolto ci permettono di comprenderlo, di avere compassione per lui, di dire “non può finire così”, è brutto dargli quella sorte. Non vi dico il finale, perchè nella nostra situazione economica in America, a metà dei ’60, si potevano almeno permettere di dargli un costume da bagno, mentre noi siamo in mutande. Quindi è un Burt impegnatissimo contro la ricchezza, il sogno americano, ed è un passo che poche volte ho visto fare ad un attore, spogliarsi così, anche se dietro ad un racconto sceneggiato per il cinema.

Filmtv gli da un 4/4, IMDB invece un 7,5, mentre per gli altri si arriva a stento alla sufficienza. Forse Burt, che lo considerava il suo film migliore, era da premiare solo per il coraggio, nient’altro.

I professionisti

Due attoroni degli anni ’60, due professionisti del cinema, che i miei Cast perfetti mettono insieme per un western atipico, o perlomeno con una diversa ambientazione.

Di Burt Lancaster ho già scritto, in un post piuttosto lungo, e pure per l’ultimo film visto, Vincitori e vinti, in cui ho già citato il film che ne fa un carico da 40 nel calcolare le medie con cui sono arrivato a questo ciclo: Il Gattopardo. Ci sono pure L’uomo di Alcatraz (candidatura all’Oscar), e Gli esclusi, o Ardenne ’44: un inferno, ma questo è più che altro una serie di interrogativi, ed era già nella fase di diniego verso il pubblico pagante, quindi fa Un uomo a nudo, prossimo film da vedere e successivo flop al botteghino.

Lee Marvin invece è quello dell’esercito. Non ho ancora guardato Wikipedia, ma il cappello che indossa in questo film ricalca fedelmente quello dei marines, ma forse è solo un dettaglio insignificante. Quella sporca dozzina può bastare, sempre riferendomi agli anni ’60? Lui, in quegli anni, ha vinto un Oscar per Cat Ballou, ma ce lo ricordiamo tutti per L’uomo che uccise Liberty Valance (e mi chiedo perché questo western non sia del ciclo attuale). Ha fatto anche I tre della Croce del Sud, La nave dei folli, forse altri film di frontiera e di guerra. Io lo immagino quindi anche con l’elmetto, fate voi.

I professionisti sono 4 uomini che vengono ingaggiati da un ricco possidente per ritrovare sua moglie, rapita da un rivoluzionario messicano. Siamo al confine tra Messico e Stati Uniti quindi, dopo la fallita Rivoluzione messicana, dopo il 1910. Niente indiani, qualche mitragliatore e i treni. E sabbia, sale e caldo. I quattro, evoluzione dei passati cowboys, se la cavano con fucile, dinamite e cavalli e tanta arguzia, quindi basta qualche esplosione per sconfiggere un centinaio di rivoluzionari. Il finale ribalta però tutto, come per tutti i bravi perdenti, ed è la parte migliore. Una trama piuttosto intrigante, forse più dei personaggi, che vengono introdotti, evidenziati nel loro ruolo, ma poi si da spazio a quello di Burt Lancaster, come dovuto, visto che era la star. Poi c’è il deserto, e volevo proprio vederli a fare le riprese col filtro scuro alla macchina da presa. D’altronde o si muore di caldo o di freddo…Notevole anche la colonna sonora, di Maurice Jarre, che di solito non tengo in considerazione, ma qui è quasi sprecata. E di Claudia Cardinale non dico niente? Splendida, castana, arrabbiata e forse vittima, forse no…Direi che la giornata la posso dedicare a lei, che preferisco di gran lunga anche alla Sofia Loren dei tempi migliori.

Vincitori e vinti

Attenzione: da questo post in poi il calcolo dei Cast perfetti, che come le cose migliori non è ripetibile, e nemmeno essenziale per la sopravvivenza, diventa una motivazione aleatoria, una scusa per finire il ciclo dedicato ai grandi attori. Tre di loro insieme, uno solo dei quali ancora in vera attività, per un dramma legale, l’ennesimo.

Ma no!!! Forse ero ‘cecato quando ho riletto il post, e non, a quanto pare, nel compilarlo. Forse tutto ha un senso…

Spencer Tracy era già invecchiato, aveva già dato il meglio di sè negli anni ’30 e ’40…oppure volete considerare Questo pazzo pazzo pazzo pazzo mondo? Diciamo che uno coi capelli bianchi, anziano, che avesse una certa autorevolezza come giudice, poteva andare bene.

Marlene Dietrich (si, questa volta l’ho azzeccata, è dentro il cast) quanti anni aveva? Almeno 50 direi, ma questo motiva il mio passaggio su Wikipedia….60, ma ne dimostrava molti di meno. Anche lei attiva nei ’30.

Burt Lancaster a 47 anni sembrava qui il più anziano dei tre, eppure era il più attivo, vista l’età (Il Gattopardo…). Solo il film l’ha invecchiato, solo il trucco.

Bella base di partenza, ma io ambivo a vederlo già da tempo. Mi aspettavo più ritmo, più coinvolgimento, il processo principale di Norimberga, un cast veramente stellare, con 11 candidature e 2 Oscar vinti non si può evitare, anche se dura quasi tre ore, ed invece è il solito titolo, mai considerato prima di registrarlo, che ti porta a ragionare sul nazismo. Un pregio che ti porta a Schindler’s list, o a Train de vie, ma come non pensare alle parole dell’avvocato della difesa dei giudici su Churchill pre-2a guerra mondiale? O alle riprese nei campi di concentramento appena scoperti? Un vero colpo al cuore vedere quel bulldozer trascinare i corpi nelle buche per motivi igienici, anche se guidato probabilmente dai liberatori. E il personaggio così complesso di Burt Lancaster? Un giurista internazionale, un ministro della Giustizia di Hitler, un umanista sui generis forse, l’unico che si rende conto di cosa sta combinando il suo procuratore con la testimone. E la testimonianza del personaggio di Montgomery Clift?

Quella dei processi contro chi ha violato i diritti umani è una pagina interessante per chiunque ha studiato diritto, anche non internazionale, proprio quando si tentava di ricostruire un’identità, non solo quella nazionale tedesca, proprio quando iniziava la guerra fredda. Non è un film spettacolare, non cerca affatto di esserlo, eppure ti rimane dentro, anzi, ricrea in ognuno quelle ferite mai rimarginate del tutto, quasi delle cicatrici, ma senza numeri. Non è il solito Eichmann che dice di aver eseguito degli ordini, è qualcosa di più.

Anatomia di un omicidio

Si, ho esagerato. In questo post sui Cast perfetti scrivevo che era coinvolta anche Marlene Dietrich, ma devo fare più attenzione ai fogli elettronici che uso, altrimenti succede che salti una riga e scrivi cavolate. Due star invece di tre, ma Anatomia di un omicidio rimane un bel film. Prima però parlo di ciò che hanno combinato James Stewart e George C. Scott negli anni ’50.

Ma no!!! Forse ero ‘cecato quando ho riletto il post, e non, a quanto pare, nel compilarlo. Forse tutto ha un senso…

Jimmy me lo sono goduto qualche mese fa, e partiva con Winchester ’73, uno dei suoi tanti western, ma sul quale ho pensato anche stamattina: non la storia di un personaggio, ma quella di un fucile, quindi abbastanza originale per l’epoca. Poi è arrivato Harvey, un unicum per tanti versi. Quando ho registrato questi ed altri film però non ho avuto la fortuna di beccare Il più grande spettacolo del mondo e Là dove scende il fiume. L’attore poi ha continuato con i western, ma anche con i biopic, uno su Glenn Miller e uno su Lindbergh. Tra uno e l’altro però ha fatto due filmoni come La finestra sul cortile e L’uomo che sapeva troppo…bastano? No, perché manca La donna che visse due volte. Più di 20 film in un decennio, 7,17 di voto medio per IMDB.

George C. Scott è uno di quelli che hanno avuto una certa fortuna a trovarsi nel posto giusto al momento giusto. Come riassumere altrimenti una certa gavetta fatta di serie e filmtv? Fai nel frattempo due film, quello del post e L’albero degli impiccati, ed ecco che ti affibiano un bel 7,65 come voto medio, più dell’attore precedente. Un paraculo se non prendi in esame le cose collaterali al cinema, che però più avanti si farà ricordare per Lo spaccone, Dottor Stranamore e per Patton generale d’acciaio.

Come introduzione non è male, vero? Inserire nel cast l’attrice in più e considerarne uno che nel decennio ha avuto solo due ruoli…

Avete presente i thriller procedurali, quelli che per buona parte si svolgono in tribunale? Ma si, quelli che ti fanno capire il sistema giudiziario statunitense meglio di quello italiano? La summa del genere, o perlomeno un bell’esempio, è rappresentato da Anatomia di un omicidio. Si parte alla lontana, e la durata garantisce un processo ben argomentato, senza escludere nessuna “obiezione” o nessun “mi oppongo”, formule usate in diversi casi come zuccherino per il pubblico disattento. Pensate alla data di uscita, il ’59: vi può venire a noia, quindi si accettano anche gli stacchetti ironici.

Qui si parte dalle audizioni per accogliere l’incarico per arrivare alla sentenza, ma senza nessuna requisitoria finale di difesa e controparte, perché avrebbero allungato oltremisura il film. James Stewart fa l’avvocato di un militare che ha ucciso un barista, il quale ha violentato sua moglie. Anche se non ci viene risparmiato quasi niente, e si sente il peso dei ’50 solo con qualche ingenuità del genere cui appartiene, l’anatomia del delitto è minuziosa, attenta, laboriosa e onerosa, soprattutto per gli spettatori in sala, che all’epoca non penso abbiano mai avuto occasione di sentire parlare così direttamente della violenza ad una donna, ma ritratta comunque, fino alla fine, a sentenza neanche pronunciata, come una mezza sgualdrina. E’ questo uno dei messaggi del film? Sta qui la fine dei dubbi che Filmtv esprime nella sua recensione? Ammettiamolo pure, perché non si può assolutamente ridurre ad un film legale, non si può solo rimanere affascinati dalle schermaglie tra difesa ed accusa, dal giudice, dai testimoni più o meno attendibili.

James Stewart ci fa ancora la sua bella figura, ma a rimanere in testa è l’interrogatorio della donna da parte del personaggio di George C. Scott, assistente di prestigio dell’accusa, che ti fa sprofondare nella poltrona dalla vergogna.