La prima linea

Filmtv.it gli da la sufficienza. E’ forse colpa di Scamarcio, che sembra sempre immobile con la faccia? Non penso sia colpa della trama, abbastanza coraggiosa nel ritrarre alcuni dei terroristi che hanno frequentato questi suoli trent’anni fa. Lo fa senza i proclami ideologici di La banda Baader-Meinhof, lo fa con il solito, imperante montaggio di quest’epoca: le vicende presentate cronologicamente, ma anche un flashforward dell’ultima cavolata che ha fatto Prima linea, quella di liberare una di loro da un carcere, con autobomba, fucili, mitragliatori e vittime collaterali. Da quanto hanno descritto nel film ce ne sono state altre, come il giudice e il loro compagno. Hanno toccato il fondo, lo ammette il personaggio di Scamarcio, che parla alla cinepresa per la parte successiva all’arresto. Ma chi gli ha detto di non avere emozioni, di non esprimerle, di ritrarre così Sergio? Ok, non è Il grande sogno, non è Romanzo criminale, ma, un pò di partecipazione, qualsiasi personaggio del genere l’avrebbe avuta e dimostrata!!! No, impassibile, anche se la “base” si è allontanata. E’ un convitato di pietra Sergio, oppure è stato il regista ad imprimere un ruolo così a Scamarcio? Me lo domanderò finché non dimenticherò del tutto quella parte rovinosa della nostra Storia.

Lo spazio bianco

Un film di una delle Comencini con Margherita Buy. Oddio, cosa sto per guardare, mi sono chiesto. Non sopporto la Buy fin dai tempi di Arriva la bufera, ma avrà senz’altro fatto un film con Salvatores…anzi no. E’ onnipresente nel cinema italiano, ma avevo una certa riluttanza a guardarla, per non dire altro. Qui però la rivelazione: è protagonista di un bel film. Ora qui mi parte la possibile rivalutazione, ma il giudizio è perlopiù basato sul film della Comencini, Francesca in questo caso. Lo spazio bianco non è solo quello del parlare al presente, è una zona in cui la vita può cominciare o ricominciare, in modo diverso: quello della protagonista, penso anche lei precaria in tutto, e quello di sua figlia, nata prematura. Buona parte del film è ambientata nella stanza delle incubatrici, mai così importante in un film, dove Maria aspetta una nuova vita. Non ne sapevo tantissimo di questo argomento, ma a migliorare l’ora e mezza di durata c’hanno pensato la scuola serale, la magistrata, qualche sogno, gli amori del personaggio principale, che vanno e vengono con una leggerezza che nessuno si è mai sognato. Poco prima della fine c’è pure un siparietto con l’anagrafe, per il quale ridi istericamente, per non dire altro.

Ormai amo il cinema italiano, che negli ultimi mesi ho saputo differenziare dalla NCAI. Magari riesco anche ad andare al cinema per qualcosa come Lo spazio bianco, non si sa mai.

Io sono l’amore

Basterebbe la scena di cui sopra per osannarlo. E non serve ricordare Visconti per capire che siamo di fronte a un ottimo film italiano: avrà pure copiato l’ambientazione e i personaggi alto borghesi, e può non scattare l’immedesimazione, ma porca miseria, c’è tanto di scritto (Cotroneo), ideato, ripreso che ti viene una promettente sbornia che ha il sapore esotico di un’altro cinema, non quello nazionale. Dove avrà carpito queste cose, da dove viene il regista? Perché ha fatto pure Melissa P.?

Porca miseria, mi tocca salvarlo.

Generazione mille euro

Simpatico, a tratti. Neanche tanto incredibilmente le uniche scene che mi sono piaciute sono quelle con Francesco Mandelli, quello de I soliti idioti, quello che non crescerà mai, e gli fanno pure fare i ruoli da ventenne, uno che mi pare usi sempre il suo nome nei film che interpreta, interpretando un cinefilo da 5 (ma solo per il coraggio), ma anche per l’ultimo proiezionista del nostro cinema. Del resto che salvare? Un improbabile storia d’amore tra precari? Dei lavori, sempre precari, da sogno? Mi pare che la vita riservi sempre un lavoro precario, ma non è quello del protagonista, con delle improbabili assunzioni a tempo indeterminato, rese possibili solo grazie ad una delle sue amate. Eh si, ci sono due ragazze, un buon partito nel marketing (pensate in che tempi siamo) e una che si arrabbatta come insegnante. Direi che la scelta è scontata, come il bacio finale in stazione, checché ne dicano i personaggi. Ci avrei visto bene un altro regista poi, non un Massimo Venier che conosciamo per il trio Aldo, Giovanni e Giacomo. Lo rivaluterei se lo rifacessero in chiave drammatica, senza tutte quelle carinerie per i trentenni afflitti dalla Playstation. E non si salva neanche il risvolto matematico della cosa, anche se hanno fatto il tentativo di spiegarmi il Principio di indeterminazione di Heisenberg

Sono stato cattivo? Mai come un precario!!!

Gomorra

Ho speso poche parole l’ultima volta che ho visto Gomorra di Garrone. Non volevo sprecare parole, ma ieri ho avuto diverse illuminazioni sul film, ed ho capito meglio la trama. Non serve neanche dire che gli affari della camorra non si fermano allo spaccio, ma arrivano al trattamento dei rifiuti tossici, con dei traffici che neanche ti immagini. Non ho capito il senso della scena del container, con i francesi, ma mi sa tanto che era una roba brutta da ricordare. Roberto Saviano ci immerge in un mondo che su Filmtv definiscono fantascientifico, ma che a noi fa molta, molta più impressione. Possiamo saltare i personaggi del sarto, o quello che porta i soldi ai familiari delle persone arrestate. Posso soprassedere alla scena dei camion con i rifiuti tossici, e i ragazzi con i mitra sembrano da comica nel contesto, con un finale in cui si elencano le caratteristiche della mafia campana, l’organizzazione che ammazza più di tutti e che con la sua divisione, più che abbozzata nel film, ha partorito una guerra ancora più sanguinosa. Non dico che leggerò il libro, ma aspetto con una certa apprensione la serie prodotta da Sky, con cui mi impressionerò ancora di più.