Chi ucciderà Charlie Varrick?

Nessuno!!! Perché Walter Matthau, che interpreta il protagonista, è nato furbo, e riesce a cavarsela dopo una rapina e con un segugio alle calcagna meglio di tanti improbabili e improvvisati ladri che negli anni ho imparato ad evitare (e senza neanche tanta tecnologia alle spalle, come nei film recenti).

Perché il sarcasmo, il cinismo dell’attore, sua impronta classica si aggiungono alla sempre sottintesa furbizia dei suoi ruoli, e che dopotutto mi ha fatto ridere nelle lotte con Jack Lemmon, ad esempio per Sofia Loren.

Perché qui riesce con il regista Don Siegel, quello dell’ispettore Callaghan per intendersi, a inserire le sue caratteristiche, con cui tanti lo ricordano, in un film d’azione d’antan, dove le esplosioni non erano ogni due minuti, in cui non serviva poi tanto altro che inseguimenti; pochi ricordano la scena della rapina, e devo dire che il suo inserimento così improvviso in un film così vecchio non ha favorito poi la mia concentrazione. Me ne dolgo, perché vedersi, forse mi ripeto, Matthau in un film del genere può insegnare qualcosa a certi registi e a certi attori che dell’ironia grossolana, becera, infantile fanno uso con tanti anni di carriera, o meglio di botteghino, dietro a loro.

Tutto in una notte

Riprendo più o meno da dove ho finito, ossia il genere action.

C’è un periodo del cinema americano che ritengo il più vivace, il più imprevedibile, ed è quello a cavallo degli anni ’80. Oltre agli “infiltrati” Spielberg e Lucas, c’erano Raimi, Abrahams, i fratelli Zucker, Kasdan, Zemeckis, Dante, e c’era anche John Landis, uno che infilava spesso comparsate dei suoi colleghi (qui c’è pure Cronenberg, non riconosciuto però); in questo film recita pure, e fa l’agente segreto medioorientale, uno che non parla mai e combina casini a non finire con tutto ciò che gli capita a tiro. A farmi muovere verso la terza visione (ci sono film che ho visto almeno una dozzina di volte, preoccupatevi…), sono stati quindi il nome del regista ma anche gli attori, una splendida, giovane (e in formissima, per non dire altro…) Michelle Pfeiffer e il sornione Jeff Goldblum. Poi c’è la storia, che rimanda certamente a Fuori orario di Scorsese, quasi riprendendone il modus operandi, il plot, anche se la dimensione temporale è un pò più dilatata; le disavventure del protagonista insonne sono un pò meno grottesche, ma divertono lo stesso.

Poi c’è un brano della colonna sonora, una canzone di B. B.  King che ha segnato la mia prima adolescenza, Into the night, non chiedetemi perché. Ecco il motivo iniziale per cui ho visto il film, ma negli anni quest’ultimo è diventato un piccolo cult.