Quando sei appassionato ti passano anche due ore e quaranta di film, anche se è un documentario, anche se riguarda i Certosini. No, non è l’aggettivo, nemmeno i gatti, ma l’ordine dei monaci, e si arriva alla loro casa madre, in Francia, il monastero di Grande Chartreuse. Tutte info tratte da questo link, non vi preoccupate, che la mia cultura è bassa ma sempre più spaziosa e meno angusta. Mi piacciono questi film, che ti fanno vedere altri mondi, altri ambienti, universi lontani da te ma senza andare nella fantascienza. Tutto è silenzio, a parte qualche parola gettata quasi per caso, qualche canto e dei discorsi fatti nei giorni di festa. Pare non manchi qualche momento di letizia, ma un ritiro così, con solitudine e silenzio, ma anche preghiera e riflessione su Dio, rimane affascinante solo alla tv. Ci sono pure le Alpi, c’è una fotografia fantastica, dettagli e paesaggi bellissimi, per dei protagonisti che sfido a ipotizzare quale accordo hanno trovato con la produzione. Solitudine e silenzio desiderati, anzi quasi pretesi anche a chi sta loro vicino, ma tanti gesti valgono come centinaia di parole. E come comunicano tra loro e col fuori? Vi lascio a desiderare la riproposizione su RaiMovie, l’unico canale che può riproporlo. Mi pare abbia vinto qualche premio, mi pare che sia stato ben sopportato da chi l’ha visto, ma due ore e quaranta sono una prova di pazienza, un’anticipazione di ciò che sarà il mio rapporto con Werner Herzog, che mi fa ancora più paura.