Alias – Una recensione

C’ho messo un mese a guardare tutta la serie. 22 episodi per 4 stagioni, 17 per l’ultima. Potevo guardare altro, tipo Dr. House, o Heroes, ma avevo un paio di impellenze: perché mi sono fatto sfuggire la collezione completa a 89 euro in un negozio, domanda alla quale dovevo rispondere; poi c’è la storia dei dvd-rw da recuperare, per metterci i film che sto registrando (e sono quasi esauriti…), quindi i prossimi appuntamenti sono Boris e Dr. Who (un’altro mese?). Le ultime parole famose, riguardo alla serie, sono la “ridefinizione del genere spy story”, e in parte potrei essere d’accordo. Alias significa copertura, e la protagonista si trova dentro ad una organizzazione che sembra paragovernativa, ma che invece si rivela occulta, con scopi, ma soprattutto vertici, poco chiari. Poi Sidney entra nella Cia per sconfiggere l’Alleanza, e via avanti per cinque stagioni, con altre organizzazioni con nomi sempre più assurdi, tanto da farne qualcosa di assurdo anche per chi crede ai complotti. Ogni tanto si inserisce un Milo Rambaldi, un profeta che ne sa una più del diavolo nato nel ‘500, per il quale speri abbia rivelato tutti i suoi intenti già alla prima stagione, ma così era troppo facile.

Legato a Rambaldi. Arvin Sloane sembra il Benjamin Linus di Lost, con continui patteggiamenti col bene e coinvolgimenti nel male, per il quale credevo, anzi, speravo nel suo viaggio nel tempo nel finale della serie. No, non è andata così, anche se la sua sorte è piuttosto brutta e ben concepita.

Una cosa che non sopportavo della serie è poi l’influenza delle telenovelas: oltre alle solite rivelazioni sull’identità della protagonista, che portano, diciamo, scompiglio, ci sono le solite affermazioni assurde, tipo sul vero padre, l’identità della madre, l’allargamento della famiglia (tutti più o meno doppiogiochisti). Sopportavo un pò di più la cerchia di amici di Sidney, per fortuna eliminata alla prima stagione, ma la colonna sonora usata, seppur a tratti sorprendente, non aiutava nell’arrivare al finale della puntata. Piuttosto, i travestimenti di Sidney, trucco e parrucco, le missioni sempre improbabili, ma soprattutto gli interventi di Marshall, il genio della task force, o meglio, il nerd della situazione. Altro motivo per cui ho proseguito la visione è la faccia di Jack: volevo vedere quando avrebbe sorriso, e c’ho messo circa 4 stagioni. Uno così si farebbe tradire da Irina Derevko anche davanti al naso. E Lena Olin, Irina? Non so se preferire lei a Rachel, ma ormai sto parlando ai fan, anche se le parole che ho usato qui sopra non sono proprio da chi ama la serie. Sark è libero, per dirla tutta, e Milo Rambaldi penso non abbia finito di rompere il cazzo. Ormai Vaughn e Sidney tengono famiglia, ma rasta-Dixon, per il quale speravo in un tradimento, fino all’ultimo, li richiama in servizio.

Alla fine non è stata proprio una perdita di tempo, anche se ci sono state tante repliche di diverse puntate, anche se ogni tanto avevo dei dejavù per cose già avvenute nella serie, ma dovevo accertarmi di quanto fosse a volte inutile proseguire una serie che poteva finire già diverse stagioni fa.

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