The Kennedys – Il pilot

La saga della famiglia che, insieme ai Bush, ha smosso la Casa Bianca. Prima conoscevo solo John F., ma qualcuno mi ha parlato di Bobby, poi l’apoteosi nella lettura dei libri di James Ellroy, in cui nessuno riesce a fare una bella figura: tutta la storia americana del dopoguerra viene disegnata da dietro, cercando tutto ciò che non è stato raccontato, inventando appena possibile, inserendo dei personaggi immaginari, immaginando certe situazioni. Joe Kennedy, il patriarca, al quale è dedicato il primo episodio della serie, non è proprio un esempio di moralità: ogni tanto, se ricordo bene, è scritto che lui ha comprato la presidenza a JFK, ma già l’acronimo, non usato a caso, vi dovrebbe far pensare, visto che è il titolo del film di Oliver Stone, in cui chi è rimasto dopo di lui cerca di stabilire la verità sul suo assassinio. Non so se sarà il finale della miniserie con Greg Kinnear, Barry Pepper, Katie Holmes, ma non credo nemmeno ci si fermi all’elezione, alla crisi di Cuba, al Vietnam, all’assassinio dei fratelli. No, Joe Kennedy era già da solo un personaggione, quindi andava introdotto come si doveva.

Il ritmo non è dei più veloci (e non me l’aspettavo da Jon Cassar, quello di 24, sul quale si è polemizzato per come ha scritto la serie: leggetevi Ellroy piuttosto…), la Storia è dietro l’angolo, quindi c’è la sensazione di spiegoni, di parentesi inutili, insieme alle somiglianze dei protagonisti (splendida Katie Holmes), alle scenografie, agli abiti, ai personaggi secondari nel mood dei Kennedy.

Non ho fretta di guardarla, vorrei invece approfondire, ma mi sono già perso le prime repliche.

Happy town – Il pilot

Forse ho dormito per tutta la durata del pilot. O forse sono rimasto così “affascinato” dalla cittadina che mi sono lasciato indietro la parte della trama che qualcuno ha paragonato a quella di Twin peaks. Chissà…Certo è che Rai2 si becca tutti i telefilm che non hanno molto futuro, che magari Rai4 inserisce nel palinsesto del pomeriggio, quasi come riempitivo (certo, Freccero c’ha messo anche il Dottore, ma lui ha coraggio e fiuto), ma molte volte, prima del finale “sconvolgente”, si pensa a tutt’altro che a Lynch. Il regista che avrei messo dietro alla telecamera poteva essere Tim Burton, a questo punto, visti i dejavù con La fabbrica di cioccolato, ma siamo sull’onda lunga di Lost, anche se non c’è nessun espediente narrativo, solo misteri, persone con un passato sconosciuto e la normale dose di sovrannaturale. Dicevo, qualche ora fa, che preferisco questo genere ai polizieschi, o comunque tutto ciò che riguarda investigazioni, ma a volte si esagera, a volte si supera la sopportazione del telespettatore, come in questo caso.

Being Erica – Il pilot

Oddio: viaggi nel tempo, psicologia ottimistica, rimpianti, fallimenti, tutto incentrato in una donna. Incasinatissimo!!! Sembrava una serie minore, tipica di una rete al femminile, na il dubbio c’è: aspettare che ripropongano le puntate che mi mancano? Infondo l’ho registrata su hard disk (a proposito, ne ho riempito uno da 500 gb di film da Sky, tutto in mpeg, non compresso quindi), e Rai4 non è mai parca di repliche. C’è tanta carne al fuoco quindi, e la colonna sonora, anche se appena accennata con alcune hit di alcuni decenni fa, è promettente, almeno fino a quando interrompono le canzoni come se niente fosse.

Il solito paradosso dei viaggi nel tempo, ma applicato ad una single qualsiasi, appena licenziata, potrebbe portare lontano, anche se il suo strizzacervelli merita l’internamento. E posso passare oltre al femminismo spicciolo.

La lascio lì, anche se ci sono serie che meritano molto di più, per un eventuale reboot del blog, se non altro per la prossima vita.

Medium – Il pilot

Dopo Alias, dopo Boris interruptus (per via dei dvd-rw rovinati), dopo aver iniziato la visione di Doctor Who, invece di dedicare la domenica a Lost, mi sono accorto che il prossimo post riproposto dal passato riguarda i telefilm. Avevo iniziato col pilot di John Doe, ormai rimosso dalla mia memoria, ma, se mi conoscete, vi sarete accorti che non mi dedico tanto ai polizieschi, alle commedie, alle serie piuttosto banali. Il mio tempo, ed i timer del dvd-recorder, sono rivolti all’eccezionalità spielberghiana nelle trame, ad esempio una sensitiva. Non spero che Allison The Hurrican Dubois si dedicasse da sola ai casi di assassinio, spero che abbia una vita privata piuttosto complicata, ma soprattutto che trovi un nemico come quello di Dexter, altrimenti capisco la mia disattenzione nell’impostare il timer settimanale di Medium. Inoltre, Patricia Arquette è sempre stata sexy, me ne ero accorto per Al di là della vita. L’unica pecca del pilot è il capitano dei Texas Ranger (credevo si dicesse Walker Texas Ranger, ma così ho scritto un’altro fact su Chuck Norris, debole peraltro), che, per cinque minuti di durata della sua parte, l’avrei ucciso io. No, Allison è interessante, anche se ormai sono focalizzato su qualcos’altro di più dichiaratamente fantascientifico, estremamente fuori dalla realtà…oddio, sto diventando un personaggio di Spielberg…Chissà se continuerò a registrarlo…

In questo freddo giorno quindi mi dedico ai telefilm, ma anche nei prossimi giorni scriverò dei pilot delle serie (una puntata secca) che ho registrato nelle ultime settimane, da Sky e da altri canali. Devo capire cosa continuare a registrare. Ah, se non l’avete capito, tutta l’estate sarà dedicata ai telefilm.

Se ci fosse stato Spielberg…

…Roswell non sarebbe solo la location del 4° capitolo di Indiana Jones, ma una serie coi controc****. Il problema è che l’hanno già fatta, con una fantasia portata al limite delle capacità umane, perché gli alieni si sono integrati, dopo esser comparsi come dei bambini nella cittadina del Nuovo Messico.  La cosa peggiore è che sono dei strafigaccioni, con gli occhioni, i capelli giusti, i vestiti giusti, e con dei problemi da postadolescenti. Su tutto ciò posso soprassedere, perché c’è Katherine Heigl tra gli alieni, nelle mie grazie da sempre, ma qui quasi irriconoscibile, se non fosse per la bocca. Appena si mette ad ascoltare il cd sulla jeep però ho sentito un’incrinatura stridente. Robetta dico, magari col tempo il telefilm migliora, e invece dopo pochi minuti…

Dopo le rivelazioni tra la protagonista e il quasi sicuro tenebroso alieno, dopo che si rivela oltretutto che “è saltata la copertura”, c’è lo svacco; non è facile intuire le battute nei dialoghi, al cinema come in tv, ma il mieloso impera anche qui, e si dice: “lei ai suoi occhi era bellissima”, o qualcosa del genere. A parte che l’amore trionferà sempre in una serie per teenager, c’è da ammettere che se pure io riesco a prevedere certe mosse degli sceneggiatori, i loro dialoghi, allora vuol dire che posso tranquillamente eliminare dal dvd-recorder le puntate già viste e il timer su Rai4, che partiva dalle 13.00 e finiva alle 16.40, tutto per registrare Roswell, appunto, Lost (si profila una megamaratona a Natale) e Alias.

Di quest’ultima ne parlerò magari più avanti, ma non mi sono fermato qui, e per problemi di capienza dell’hard disk dell’apparecchio ho smesso pure di registrare Primeval, serie inglese con i soliti scienziati che si trovano davanti ad un buco nell’universo spazio-temporale (mi ricorda Stargate), da cui entrano ed escono i dinosauri. Computer graphic, mezzi meccanici forse, ma basterebbe guardare questa serie per capire quanto Spielberg sia diventato vecchio, e a meno che non ci proponga un’altro capitolo di Jurassic park in 3-D (sarei pronto a scommetterci qualcosa).

Anche qui, se ci fosse stato Spielberg…

Tagliando la testa al toro…

Non c’è solo cinema per i miei occhi, anche perché registro principalmente telefilm, dei quali magari un giorno scriverò qualcosa. Intanto ho impostato diversi timer, quasi tutte le prime serate della settimana, quasi tutti per Mediaset Premium…Ho un dvd-recorder rovente, ma spero che anche questo diventi un appuntamento semifisso.

Haven è prodotto da SyFy, canale di fantascienza. Si parte senza i presupposti del pilot, e si introduce il personaggio, il luogo, il contorno con forse troppe cose non dette, con l’ironia che piano piano scompare, per dare spazio alla storia romanzata da Stephen King in un recente libro. Non c’è però il climax della fine dell’episodio pilota, e il doppiaggio italiano non trascina esattamente nella visione…Perché quindi continuare a registrarlo???

Persone sconosciute l’ho registrato per un motivo solo, a parte le buone recensioni: Christopher McQuarrie. Chi ha scritto I soliti sospetti e Le vie della violenza ne sa di thriller, ma l’onda lunga di Lost prosegue e proseguirà per un bel pò. Siamo infatti in quel territorio, anche se non sembra ci siano salti temporali, fisica, metafisica, ma solo un complotto che vede alcune persone rinchiuse in una cittadina senza alcun motivo apparente, senza alcun legame tra loro. Il climax qui è assicurato dal portiere di notte più inquietante mai visto in tv. Interessante, ma voglio vedere almeno un’altra puntata.

The event è praticamente una sola parola, ripescata da tante recensioni di tanti anni fa: adrenalina. Però qui ci si ricorda di 24, e forse l’inizio è la fine, o magari riesco a capire perché si parla di “un evento”, un complotto forse, che si spiega nelle puntate successive. Irrealistico, ma non per la trama, bensì per come viene esposta. Dateci qualcosa di meno movimentato per piacere, e non azzardatevi ad innalzare il climax proponendolo un giorno dopo la trasmissione negli Usa.

Breaking bad come il precedente ha l’impronta del flashback iniziale, ma non fa parte del genere action/fantascienza/horror, anzi è drammatica per certi eventi, anche se potrebbe scappare il sorriso, o cogliere l’ironia di alcune scene. Il primo paragone che posso fare è con Weeds, con gli stessi problemi economici dei protagonisti, anche se qui manca poco alla dipartita del professore di chimica, inserito alla meno peggio in famiglia, a scuola e al lavoro extra. Non so se proseguirà al meglio, ma supera di poco gli altri telefilm di questo post.

Rubicon parte piano, mi hanno detto, ed effettivamente il ritmo non è elevatissimo, ma al contrario di The event la velocità e i rallentamenti dovrebbero essere nei tempi giusti. Si parte con un cruciverba, si arriva in una stanza dove 4 persone parlano della morte di una persona. Immezzo c’è forse la Cia, anche se l’ambientazione non sembra essere americana…smentisco, è New York quella fotografata magnificamente. Mi sono chiesto se alla fine della stagione magari ci fanno entrare anche l’11/9 nella trama, cose così capitano in serie del genere, se il protagonista ha visto morire la sua famiglia al World trade center.

Lie to me è impressionante nei primi minuti, in cui si introduce il personaggio e le sue facoltà di lettura del comportamento non verbale. Se incontrate una persona così, o anche una del suo staff, cambiate strada. Certo, è un’americanata, inseribile nel filone di investigatori capaci, e perdipiù in quello dei gialli da risolvere (a proposito, aspetto che Premium rimandi tutte le puntate di Monk). I cambi di prospettiva, i ribaltamenti dei ruoli, gli shock provocati dalla trama del primo episodio promettono bene, se non sei abituato a Colombo o alla Signora in giallo, ma non si eleva dalla media delle produzioni in voga in America. Continuare o no a registrarlo???